L'atto puro (2): Il conosciuto come atto


Invece, osserva Gentile,  nell’età moderna è stato conquistato «… il concetto del pensiero come pensiero trascendentale, dello spirito come autocoscienza, o appercezione originaria, condizione di ogni esperienza.» (TS* cap. I par. 5). Il pensiero, quello che pensa realmente, che fa esperienza e non si riduce al solo contenuto dell’esperienza, riesce a cogliere se stesso nella propria essenza, è anzi apprensione di sé nell’attualità del proprio esercizio: ciò si sa almeno fin da Cartesio. E’ piuttosto la teoria della conoscenza come conoscenza del dato, a rivelarsi insufficiente ad esprimere l’attualità del pensare …

Il pensiero conosce se stesso non in quanto la sua attività sia compiuta ed esaurita in un oggetto, cioè in un dato, il quale a sua volta avrebbe bisogno di un ulteriore atto conoscitivo che lo riprenda per apprenderlo. Esso non costruisce prima se stesso e dopo quando sia finita la costruzione di sé, si apprende in quanto già costruito. Il pensiero conosce invece se stesso in quanto atto nell’attualità del proprio consumarsi, dove il costruirsi coincide con il conoscersi. Come fa il cogito cartesiano, perché se l’ergo sum, e cioè la consapevolezza (l’accertamento) di sé, costituisse in qualche modo un momento successivo rispetto al cogito, e cioè all’esercizio dell’atto, questo resterebbe trascendente rispetto alla certezza di sé e non potrebbe costituire quel superamento della concezione realista che ha permesso di vincere lo scetticismo. Atto la cui consapevolezza quindi non si raggiunge né dopo né fuori né in alcun modo distinto dal suo attuale ed effettivo esercizio: il pensiero, dice ancora Gentile, «… ha questa natura di porsi, ed esiste soltanto ponendosi. Soltanto ponendosi; il che vuol dire, che se si guarda come semplicemente posto, come risultato del porsi, esso non è più porsi, non è più pensiero; e il pensiero, non potendo non essere pensiero, si pone senza fissarsi come posto: si pone cioè come atto che non è mai fatto, ed è quindi atto puro, atto eterno. » (TS* cap. XVII par. 6).

A questo punto però si potrebbe dire che quanto l’attualismo va affermando dell’atto sia comunque un’analisi dell’atto stesso, un porlo come oggetto di giudizio e quindi come un dato di fronte a noi che dobbiamo pensarlo e giudicarlo. Nonostante tutti i buoni propositi per sorprendere l’atto nel vivo del suo attuale consumarsi, alla fine non possiamo che vederlo come il riflesso oggettivato della sua vita effettiva. Il pensiero, eterno ed infelice Mida, nella sua infinita brama di immergersi nelle onde fresche della vita, non può non trasformare in dato, cioè nel riflesso della vita, tutto ciò cui rivolge la sua attenzione, compreso se stesso.
E invece, a tal proposito, dobbiamo riaffermare come Gentile non abbia voluto distruggere la possibilità di analizzare l’atto, né quella di considerarlo come un dato. E’ la prospettiva che cambia, una prospettiva che stravolge però lo stesso significato e funzione dell’analisi e del dato.
Parlando del ‘fatto’ che qui ha la stessa valenza del ‘dato’, Gentile afferma che bisogna «… criticare la stessa categoria del fatto, mostrandone l’astrattezza, e come essa si risolva in una categoria ben più fondamentale, in quella cioè dell’atto spirituale che pone il fatto.» (TS* cap. XII par. 7); e nel “Sistema di Logica”, aggiungerà appunto che, «Questo il destino del pensato, di non poter dire di avere escluso assolutamente da sé il pensare, se non quando è diventato esso stesso pensare; di non potersi mai sequestrare nella sua solitudine infinita, se non quando abbia assorbito in se stesso il suo nemico, di cui vuole disfarsi, il pensante.» (SL** Parte terza, cap. II, par. 2).
La prospettiva attualista si propone dunque come il superamento di quella oggettivistica nel momento in cui ci si rende conto che la stessa estraneità della realtà immediata al pensiero non può che essere anch'essa pensata e quindi realizzata dallo stesso pensiero: il quale in tal modo la mantiene  al proprio interno, come l'astratto che, pur concepito come separato dal concreto, può vivere soltanto della stessa vita del concreto.

(Da "Autoctisi", "L'atto puro" in Cogitazioni Attualiste, Francesco A. Muscolino, Roma 2014)

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Vedi Giovanni Gentile, “Teoria generale dello spirito come atto puro”, Firenze, Casa Editrice Le Lettere, 1987

** Giovanni Gentile, “Sistema di Logica come Teoria del Conoscere”, Firenze Casa Editrice Le Lettere, 1987. Da qui in poi riferita con la sigla SL.