martedì 23 settembre 2014

L’esperienza pura

Se il concetto del conoscere non è dunque per l’attualismo contemplazione del reale, un prendere nota di quanto starebbe “in presenza” del pensiero, come un dato già pronto per l’osservazione senza che il pensiero stesso intervenga al suo costituirsi nell’attualità dell’apprenderlo, bensì è realizzazione di ciò che, appunto perché in atto di costituirsi, si viene anche conoscendo, ciò allora significa che per l’attualismo l’atto in atto del pensiero, nella sua totalità concreta, non è “coram re”, ma “in re”, anzi “ipsa res”, se intendiamo che la stessa cosa a sua volta si risolve tutta nell’apprendersi facendosi. Né ciò può intendersi come il dissolversi della cosa, presa come dato, dentro l’astratta intenzionalità del pensare, né come il dissolversi di questa in quella, poiché ciò in cui l’una e l’altra si risolvono è invece la loro sintesi, dove c’è la cosa perché viene in atto pensata e dove l’atto del pensiero si esercita effettivamente perché la cosa viene appresa nell’esser costruita. Dove perciò l’intenzionalità soggettiva e l’inerzia dell’oggetto non sono che degli astratti di un concreto che non sta da una parte o dall’altra del rapporto e neanche suddiviso in due parti, bensì nell’integrità di esso, dell’esperienza in atto, non riducibile al suo contenuto o alla sua forma, né alla giustapposizione estrinseca e materiale dei suoi elementi.

E dunque ora non c’è più da una parte il pensiero che racchiude in una visione unitaria ciò che dall’altra parte, nella realtà, si troverebbe sparpagliato nel suo atomistico isolamento, bisognoso ancora di un’aggregazione non estrinseca nell’organismo del reale. Ma c’è la realtà molteplice che, appunto perché molteplice, è intrinsecamente relata e, perché attualmente relata, non riconducibile a monolite amorfo e cieco di se stesso. Non c’è più l’individualità astratta bisognosa di una legittimazione che non può cercare, seppure inutilmente, se non fuori di sé, ma un individuo che nel proprio volere obiettivo e universale, nel suo bisogno di giustizia e verità per tutti, si sa anche e soprattutto individuo universale. Né c’è libertà bisognosa ancora di una legge che dall’esterno la guidi e quindi la limiti violentandola, ma libertà che consapevole dell’inderogabile necessità di sé stessa si sviluppa in una propria interiore legge che affranca e libera, in un imperativo interiormente necessitante e quindi libero, dove la libertà diviene dovere verso se stessi e garanzia vera e unica dell’esercizio della legge in cui essa stessa si concreta. Né c’è diritto che non sia esso stesso e innanzitutto dovere, non godimento passivo di un bene egoisticamente ricevuto, ma conquista sofferta della propria non barattabile dignità.

(Da "Preamboli" in Cogitazioni Attualiste, Francesco A. Muscolino, Roma 2014)

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