Filosofia
dell'assoluta interiorità del reale alla coscienza, l'attualismo, in continuità
con il moderno idealismo, è la concezione secondo la quale il nostro pensare,
lungi dal venire inteso come la funzione mentale di un essere contingente qual
è l'uomo naturalmente considerato, in mezzo agli altri esseri e alle altre
cose, viene invece assunto come attività universale a fondamento di tutta la
realtà, sia quella naturale e sensibile che quella sociale, etica ed essenzialmente spirituale.
Una
simile concezione tuttavia, che alla considerazione comune e più superficiale
potrebbe apparire paradossale, trova invece la sua giustificazione e sensatezza
- al di là dell'assenso che poi a ragion veduta si può o meno ad esso accordare
- all'interno della storia delle idee nella quale il pensiero stesso ponendo e
risolvendo i problemi è andato sempre più approfondendo la coscienza di sé. E'
vero però che il punto di vista dell'attualismo, rompendo nel modo più rigoroso
possibile con ogni realismo, implicito o esplicito che sia, e che si annidi in
ogni diversa considerazione delle cose, importa una trasvalutazione dei
problemi e dei principi fondamentali dell'esistenza fino a superare ogni sapere
tradizionale e comune, tanto da poter talvolta suscitare quell'idea di
assurdità e insensatezza.
L'uomo
vivendo conosce la realtà in un'esperienza varia e complessa, percependola nel
proprio sentimento, scandagliandone i vari aspetti attraverso l'intelligenza,
rappresentandosela secondo le più recondite esigenze e il grado di sviluppo e
coscienza di volta in volta raggiunti. Tuttavia, nel prendere atto di questa
esperienza in modo più consapevole e farsi di essa una rappresentazione
concettuale, l'uomo è portato, almeno in un primo momento, a considerare del
rapporto conoscitivo soltanto l'aspetto oggettuale per cui la realtà si
presenta come esterna ed indipendente dalla conoscenza empirica umana e l'uomo
stesso soltanto un particolare contingente nella totalità di essa. Per
conseguenza, in questa rappresentazione è l'essenzialità e profondità
dell'esperienza umana a scomparire, a ridursi a semplice rapporto empirico non
necessario all'essenza del reale. Se la realtà esiste già ed è completa nel suo
valore senza la necessità dell'uomo, o meglio di ciò che è propriamente umano
nell'uomo, allora sono l'umanità dell'uomo, la sua opera, la sua libertà e
creatività ad essere insignificanti e senza valore nel seno della realtà
stessa; riducendosi così l'uomo ed il suo comportamento a fatti determinati
estrinsecamente da parte di ciò che è ad essi esterno. E la storia, che è
libera costruzione del mondo umano e di ciò che per l'uomo ha valore, in cui
soltanto peraltro ha senso parlare di realtà, dovrebbe in tal modo ridursi per l'uomo
alla presa di coscienza del proprio disvalore, come racconto del proprio errare per
l'incapacità di attingere ciò che gli è presupposto come estraneo. Addirittura
lo stesso concetto di valore diventerebbe assurdo, con la conseguente caduta
della morale e della religione, poiché sarebbe impossibile per l'uomo vedere in
qualsiasi cosa stia fuori dalla propria umanità, ciò per cui dovrebbe valere la
pena di sacrificarsi e in cui credere. Ma può una simile realtà accamparsi
veramente di fronte al pensiero umano che la pensa? Può veramente il pensiero
oltrepassare se stesso per attingere in qualsiasi modo qualcosa che ne stia
fuori?
Già
nell'età classica lo scetticismo si era affacciato con potente coscienza
filosofica a tale interrogativo. Poi il cristianesimo, gettando un ponte tra
uomo e Dio, realtà tenute invece separate dalla cultura precedente, concepì la
realtà spirituale non più come un dato esterno all'uomo, bensì come regno da
instaurare con la volontà universale che non è quella dell'uomo empirico, ma
quella dell'uomo che si solleva all'universalità del volere divino. Così,
grazie a tale fecondo lievito, nell'età moderna, raggiunta una più matura
consapevolezza sull'uomo e la realtà, si è fatta strada e si è imposta una
nuova concezione secondo la quale il pensiero è esso stesso realtà universale e
totale, realtà che non dev'essere più ricercata al suo esterno, ma che invece
nell'assoluta libertà del proprio realizzarsi il pensiero continuamente
accresce e approfondisce.
In
tale movimento di pensiero che culmina nell'idealismo moderno, la peculiarità
dell'attualismo è quella di considerare l'attività universale del pensiero non
distinta e sovrapposta all'atto pensante umano, bensì con questo coincidente:
il vero pensiero è l'atto che si realizza mentre pensiamo e questo pensare in
atto è il vero principio che sorregge il tutto.
Così la sfida che è insieme il grande fascino dell'attualismo, è quella di dar vita ad una visione nella quale venga “umanizzata” ogni cosa, dove l'uomo vincendo la propria empiricità e portandosi a livello dell'universalità del pensiero, non abbia più esterna a sé alcuna realtà che lo condizioni e lo alieni, e grazie alla quale possa così trovare in se stesso la radice di ogni principio che dia valore e consistenza alle proprie azioni e le ragioni profonde del proprio esistere. Umanizzazione che non riduce la libertà che è possibilità di scelta insita nella realizzazione del proprio universale valore, ad astratto arbitrio che sarebbe possibilità di scelta nell'indifferenza di valori ad esso presupposti; né riduce la personalizzazione della verità che è continua costruzione critica di un valore assoluto avvertito essere sempre di tutti e per tutti, al relativismo che chiuderebbe invece il singolo individuo nell'isolamento della propria egoistica particolarità; né scarna il sentimento universale del vero alla estrinseca necessità della legge. Umanizzazione che non è perdita del divino, anzi la prova più certa e sicura della sua esistenza, laddove è dentro il proprio atto umano che l'uomo avverte quell'assoluto alla cui presenza non può in alcun modo sottrarsi e del quale, come hanno sempre mostrato pure i grandi santi e profeti, invano cercherebbe fuori di sé quel valore e significato che possono risiedere soltanto nell'intimità del proprio travaglio interiore.
Così la sfida che è insieme il grande fascino dell'attualismo, è quella di dar vita ad una visione nella quale venga “umanizzata” ogni cosa, dove l'uomo vincendo la propria empiricità e portandosi a livello dell'universalità del pensiero, non abbia più esterna a sé alcuna realtà che lo condizioni e lo alieni, e grazie alla quale possa così trovare in se stesso la radice di ogni principio che dia valore e consistenza alle proprie azioni e le ragioni profonde del proprio esistere. Umanizzazione che non riduce la libertà che è possibilità di scelta insita nella realizzazione del proprio universale valore, ad astratto arbitrio che sarebbe possibilità di scelta nell'indifferenza di valori ad esso presupposti; né riduce la personalizzazione della verità che è continua costruzione critica di un valore assoluto avvertito essere sempre di tutti e per tutti, al relativismo che chiuderebbe invece il singolo individuo nell'isolamento della propria egoistica particolarità; né scarna il sentimento universale del vero alla estrinseca necessità della legge. Umanizzazione che non è perdita del divino, anzi la prova più certa e sicura della sua esistenza, laddove è dentro il proprio atto umano che l'uomo avverte quell'assoluto alla cui presenza non può in alcun modo sottrarsi e del quale, come hanno sempre mostrato pure i grandi santi e profeti, invano cercherebbe fuori di sé quel valore e significato che possono risiedere soltanto nell'intimità del proprio travaglio interiore.
(Da "Introduzione" in Cogitazioni Attualiste, Francesco A. Muscolino, Roma 2014)

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