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Nell’ambito della concezione realista, per la quale la realtà
esiste indipendentemente e all’esterno della conoscenza che di essa si possa
avere, la conoscenza non può non essere, almeno nel suo momento fondamentale,
se non conoscenza riflessa e il pensiero conoscente non può non assumere di
fronte alla realtà, già costituita, una posizione passiva, con le conseguenze
che si sono viste nel campo gnoseologico. Bisogna rendersi però conto che la
stessa situazione non può non verificarsi qualora si voglia concepire una
realtà all’interno dello stesso pensiero conoscente, sia in quanto costitutiva
di esso sia in quanto prodotta da esso, se tale realtà viene comunque concepita
come realtà già costituita quando il pensiero se ne deve appropriare
consapevolmente. Rispetto all’attualità che si fa consapevole di qualcosa,
qualsiasi realtà che non si costituisca insieme e identica a questa attualità,
non può non porsi come trascendente ad essa e quindi, nonostante la fede del
realismo, in quell’assoluta lontananza dove rimane (contraddittoriamente)
inattingibile alla consapevolezza del pensare.
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Rivolgendoci all’esperienza come ad un dato da analizzare, vi si
scopre in essa il contenuto e la coscienza di tale contenuto, e si fa dell’uno
l’oggetto del conoscere e dell’altra il soggetto. Entrambi oggetto comunque
dell’attuale esperienza che viene compiendo chi esegue l’analisi. E così, se
ciò che vien conosciuto è l’oggetto, non c’è nulla che possa essere conosciuto
se non in quanto oggetto. Di conseguenza, lo stesso soggetto non può essere
conosciuto se non in quanto reso a sua volta oggetto. Ma in tal modo, se tutto
del soggetto può essere tradotto in oggetto del conoscere, è proprio la
soggettività del soggetto che per definizione non può essere trasferita
nell’oggettività dell’oggetto. Il soggetto che diciamo di conoscere non sarebbe
il vero soggetto poiché il vero soggetto (chi attualmente sta realizzando la
propria conoscenza) starebbe sempre di fronte al soggetto-oggetto conosciuto.
Se perciò la conoscenza è conoscenza di oggetti, non c’è scampo: il soggetto
che pure dovrebbe conoscersi insieme all’oggetto, diventa inafferrabile,
inattingibile, trascendente. L’attualismo ci starebbe raccontando una favola.
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Se la conoscenza non può che esibire dei dati, il tentativo di
Gentile di cogliere l’atto del pensare nell’attualità del suo esercizio sarebbe
disperato; la stessa ipotesi dell’attualità dell’atto diventerebbe un’esigenza
metafisica impossibile da soddisfare, perché impossibile per il pensiero di
accertarsi della propria attualità al di là dell’immobilità riflessa del dato.
E se il pensiero non può esser certo della propria fondamentale essenza, tutto
l’idealismo moderno da Cartesio in poi si riduce a un’illusione, anche se
dietro quell’illusione non rimane che la drammaticità dello scetticismo, la
necessità congenita di un pensiero impotente a raggiungere l’agognata e
intoccabile realtà.
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