Che cos’è l’attualismo?
L’attualismo storicamente è uno
dei modi, all’interno della nostra civiltà, di rispondere alle domande fondamentali
che l’uomo sente urgere nella propria coscienza. Ma visto dall’interno del
proprio convincimento, collocati al suo punto di vista, l’attualismo è
l’affermazione filosofica più rigorosa della libertà umana che mai sia stata
fatta nella storia. Esso osa, con assoluto rigore speculativo, piantare nel
petto dell’uomo e nel lume della sua ragione, l’intera realtà, naturale o
ideale che sia. Sa che soltanto nel gesto libero e consapevole dell’uomo vive
l’assoluto valore realizzando il quale la sua libertà attinge solidità e
concretezza. E perciò concepisce l’uomo non come disperso atomo pensante per
caso, bisognoso ancora di un legame che lo stringa ad un patto sociale con
altri atomi umani, bensì come vera universalità che nell’atto concreto e
imprescindibile del pensare realizza già la società non essendo mai, nella serietà intima della coscienza, pensiero di uno solo, ma sempre pensiero di tutti e per tutti.
Che vuol dunque significare questa
breve dichiarazione?
Significa che l’uomo, cioè noi
stessi che stiamo qui riflettendo, possiamo comprenderci in due modi. Uno dei
quali è quello per cui ci vediamo dentro la realtà, in mezzo alle altre cose,
come una delle tante cose, per quanto forse la più nobile di tutte le cose. In
questo senso noi siamo dentro un contesto che ci determina, in quanto ci sono
cose che sono venute prima di noi e cose che verranno dopo di noi, e altre che
stanno insieme a noi, che esercitano un’azione su di noi o sulle quali siamo
noi ad esercitare un’azione e così via. Noi, in questo modo, siamo oggetto del
nostro pensiero, come lo sono anche le altre cose che stanno insieme a noi, e
come lo è l’insieme di tutte le cose compresi noi stessi.
L’altro modo di pensare noi
stessi è quello per cui siamo sempre noi che dobbiamo pensare tutte le cose,
compresi noi stessi come oggetti. Possiamo pensare di essere come tutte le
altre cose, ma intanto siamo noi qui ed ora a pensare tutto questo. Possiamo
pensare tutta la realtà, e in essa compresi noi stessi, indipendentemente dal
nostro pensarla in questo momento, ma possiamo fare questo soltanto pensandola
qui ed ora. Talvolta vorremmo quasi fuggire da noi stessi, uscire dalla
onnipresente ragnatela del pensare per poter dire finalmente: ecco lì la realtà
nostra fuori di noi, fuori dal pensiero con cui di solito siamo costretti a
pensarla. Ma così facendo la stiamo ancora pensando. Il nostro fuggire da noi
ci riporta sempre dentro noi stessi. Fuggire da noi possiamo soltanto rimanendo
dentro di noi. Questo secondo modo di pensare noi stessi è perciò il modo per
il quale noi siamo sempre l’orizzonte più ampio possibile in cui tutte le cose,
e noi stessi come cosa, possono essere pensate e, in quanto attualmente da noi
pensate, avere realtà. Anche quella realtà che sentiamo il bisogno di pensare
oltre ogni concetto che ci facciamo di essa, alla fine dobbiamo pur pensarla,
includerla cioè nel nostro orizzonte, che così svela di essere la vera e reale
consistenza.
Questo secondo modo di pensare
noi stessi, che comprende in sé il primo modo, è allora il modo per il quale
noi siamo veramente liberi, perché non c’è cosa, bassa o alta che sia, piccola
o immensa, vicina o lontana che per doverla pensare non ricada dentro
l’orizzonte del nostro attuale pensare. E qui allora noi non siamo più quella piccola
cosa che sta insieme alle altre cose, in interazione con esse, ma siamo il
principio vivo e attivo per cui tutte le cose, e anche noi come una tra di
esse, si vengono formando ed esistono. Qui, in questa intimità profonda del
nostro attuale pensare, noi non pensiamo più come individui particolari di
contro ad altri individui particolari, ma pensiamo come quell’orizzonte
assoluto che deve valere per tutti i singoli individui che in esso appaiono.
Ma proprio per questo, guai a scambiare
l’universalità e la libertà che si realizzano nel nostro pensare, con
l’arbitrio e la velleità delle quali spesso ammantiamo la nostra piccola
persona. Velleitari siamo infatti quando vogliamo opporci arbitrariamente al
mondo che ci poniamo di fronte e che in tal modo determina e schiaccia la nostra
contingente particolarità; ma siamo universalmente liberi quando nell’esercizio
della nostra conoscenza scopriamo intelligibile il mondo secondo quello stesso
rigore universale che sentiamo vigere nel nostro intelletto, riconoscendo
quindi il mondo con tutte le sue ferree leggi come il nostro mondo. Velleitari
siamo quando con la nostra individualità empirica vogliamo ergerci, tracotanti
o incoscienti, di fronte alle leggi inderogabili dell’esistenza morale, sociale,
politica, o naturale che sia; ma libera sentiamo la nostra interiore umanità
quando invece consapevolmente operiamo a determinare quelle leggi seguendo,
come forza che sboccia da noi stessi, il processo logico che le fonda, sensato
e necessario nella nostra stessa coscienza e perciò da essa stessa voluto e
realizzato.
Forse queste parole sono troppo
poche per rendere convincente il punto di vista attualistico e dare
soddisfazione a tutte le esigenze della coscienza e del pensiero, ma qui esse
vogliono soltanto sollevare un dubbio stimolante e costruttivo, vogliono essere
soltanto un annuncio per far intravvedere che c’è nella filosofia una
prospettiva per la quale il veramente umano che c’è nell’uomo è la radice di
ciò stesso che lo fa essere e lo meraviglia, che lo fa soffrire e lo rende felice,
che lo costringe alle ferree leggi della vita eppure lo innalza al di là di
tutte le cose, ciò per cui soltanto in se stesso può trovare i propri
inderogabili doveri e la propria assoluta libertà.
Comprendere poi questi concetti alla luce
della critica filosofica, come essi possano aspirare ad una coerenza logica ed
alla loro sensatezza nel contesto della storia della filosofia, significa
addentrarsi un po’ di più nello studio specialistico dell’attualismo.
(Da "
Preamboli" in
Cogitazioni Attualiste, Francesco A. Muscolino, Roma 2014)
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