Emanuele Severino: Attualità della coscienza e contemporaneità della realtà

Emanuele Severino, "La filosofia contemporanea", 1986, 1992 RCS Rizzoli S.p.A. Milano


L'IDEALISMO ITALIANO - Cap. XII

1. Attualità della coscienza e "contemporaneità" della realtà

La forma più rigorosa di neoidealismo è costituita dalla filosofia di Croce e di Gentile. Nel neoidealismo italiano, "idealismo" non significa soltanto che la realtà può esistere esclusivamente nella coscienza, ma che la realtà esiste nel momento e nella misura in cui essa è presente alla coscienza (=pensiero=spirito=Io), ossia nella misura in cui essa è attualmente pensata, e quindi è contemporanea all'atto del pensiero.

In questo significato rigoroso, l'idealismo di Croce e di Gentile si oppone a buona parte dell'idealismo classico tedesco, perché vede sì in esso l'affermazione che ogni realtà dipende o appartiene alla coscienza, ma vede anche che per esso si ripropone, all'interno della coscienza, il vecchio dualismo di pensiero e di essere, di spirito e materia: appunto perché l'idealismo classico, pur affermando che la realtà dipende dalla coscienza, non identifica la realtà al contenuto attuale della coscienza, non intende la realtà come contemporanea allo spirito cosciente. Secondo l'idealismo classico e le altre forme di neoidealismo, e anche secondo il neocriticismo, la coscienza compie infatti una serie di operazioni (quelle con cui essa produce la realtà), che stanno alle spalle, cioè al di là del contenuto attuale della coscienza e quindi si ripresentano, nonostante le intenzioni in senso contrario, come cosa in sé, come realtà esterna e indipendente dalla coscienza attuale.

La realtà coincide con la coscienza attuale, ossia non con la coscienza in generale, ma con la coscienza che qui, ora, attualmente viva, pensa la realtà e include in sé il tempo. È rispetto alla coscienza attuale che il fondamentale teorema idealistico possiede tutta la sua forza e radicalità, cioè esclude in modo perentorio che qualcosa possa esistere al di là della coscienza.

Tutto questo non significa affatto che l'idealismo classico tedesco abbia ignorato il concetto di coscienza attuale e di realtà contemporanea alla coscienza; ma significa che, nonostante la conoscenza di tali concetti, l'idealismo classico ha riproposto all'interno della coscienza il dualismo di coscienza e realtà, ossia tra la coscienza e le funzioni e operazioni della coscienza stessa, le quali, pur dipendendo da essa, esistono al di là del suo contenuto attuale. La coscienza è tale solo in quanto essa è attuale; e poiché non esiste nulla al di là della coscienza attuale, al di là di essa non possono esistere nemmeno le presunte funzioni e operazioni con le quali essa produce se stessa e, all'interno di sé, la realtà.

In questo modo, il neoidealismo italiano identifica con grande rigore la coscienza (il contenuto attuale di essa) e il divenire. Il divenire è la coscienza, cioè il contenuto attuale della coscienza, e ogni realtà esistente al di là della coscienza appare, insieme, come un assurdo che deve essere negato e come qualcosa di immutabile che pretende imporsi al divenire della coscienza e costituirsi come ciò a cui la coscienza deve adeguarsi.

La negazione idealistica di ogni cosa in sé e di ogni realtà trascendente la coscienza è dunque il modo in cui l'idealismo, nel suo sviluppo più rigoroso, procede alla distruzione di ogni realtà immutabile e quindi di ogni struttura immutabile che si voglia attribuire alla coscienza stessa.

Il concetto kantiano e idealistico di "trascendentale" diventa così la pura forma del pensiero, cioè viene liberato dalla sua pretesa di essere, oltre che pura forma del pensiero, anche la struttura, il contenuto immutabile e definitivo (=struttura delle forme a priori o categorie) secondo cui il pensiero si realizza.

In altri termini, il neoidealismo italiano non solo perviene alla negazione di ogni cosa in sé, che si costituisca come immutabile al di là del divenire della coscienza, ma anche - come già era accaduto nella sinistra hegeliana - alla negazione di ogni struttura che, all'interno della coscienza, pretenda porsi come immutabile. La metafisica, rileva ad esempio Croce, è riuscita a impadronirsi persino della «più poderosa e della più alta filosofia moderna», la filosofia di Hegel, dove la vecchia "metafisica dell'oggetto" è diventata una "metafisica della mente", in cui la mente stessa decade a "oggetto", ossia a realtà immutabile e trascendente, articolata in una struttura immodificabile di categorie.

Lo spirito (la mente) non deve cioè essere inteso come qualcosa che "esiste in sé e per sé", al di sopra della storia (come appunto accade a Hegel, secondo Croce e Gentile), ma come tutto calato nella storia e anzi come l'essenza e la condizione stessa fondamentale della storicità.

[Antologia di critica filosofica (esposizioni e studi)]


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